L’origine delle sette note musicali – teoria musicale con il M° Eliana Mattia

L'origine delle note musicali - MusikElios Con il termine nota musicale si intende il segno grafico rappresentante un suono. Nella moderna notazione musicale le note sono poste sul pentagramma (cinque righe e quattro spazi); indicano l’altezza e la durata dei singoli suoni. Il pentagramma e le relative note sono dei mezzi di trasmissione musicale.
Anticamente l’unico mezzo per tramandare la musica era la trasmissione orale. Nel Medioevo, con la crescente difficoltà nel memorizzare melodie diverse e sempre più lunghe, si pose il problema di creare una scrittura musicale. Furono così creati dei segni, neumi, che posizionati sopra il testo aiutavano i cantori a ricordare l’andamento ascendente o discendente della linea melodica.

Intorno all’anno Mille, il monaco Guido D’Arezzo utilizzò un tipo di scrittura musicale che poneva le note su un tetragramma (quattro linee e tre spazi).
Guido d’Arezzo chiamò le note musicali della scala, indicate fino a quel momento con le note dell’alfabeto, con le iniziali dei primi sei versetti dell’Inno di San Giovanni composto dal monaco e poeta Paolo Diacono:

UT queant laxis
REsonáre fibris
MIra gestórum
FÁmuli tuórum
SOLve pollúti
LAbii reátum,
Sancte Ióhannes

“Affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato dalle loro labbra indegne , o San Giovanni”.

A partire dal XVII secolo, l’Ut divenne Do dalle iniziali del cognome del teorico musicale Giovanni Battista Doni.

Il SI venne aggiunto successivamente perché dapprima i canti non prevedevano l’uso della nota sensibile; il nome fu tratto dallo stesso Inno di San Giovanni.

Le note musicali, nella notazione musicale moderna, sono dunque sette:

DO RE MI FA SOL LA SI

Le note possono essere modificate in altezza attraverso i segni di alterazione. Questi vengono posti sulle note del pentagramma o scritti nell’armatura di chiave all’inizio di un brano:

alterazioni - MusikElios

  • Il diesis innalza la nota di un semitono;
  • ll doppio diesis innalza la nota di due semitoni (un tono);
  • Il bemolle abbassa la nota di un semitono;
  • Il doppio bemolle abbassa la nota di sue semitoni (un tono);
  • Il bequadro annulla l’effetto delle alterazioni.

Il semitono è l’intervallo più piccolo tra due note congiunte in una scala; il tono invece è l’unione di due semitoni.

Si definisce semitono diatonico quando in una scala diatonica i due suoni congiunti hanno nome diverso (do diesis – re bemolle).

Si ha il semitono cromatico quando le due note hanno lo stesso nome ma una è alterata (do – do diesis).

Troviamo infine il semitono enarmonico quando due note di differente nome presentano lo stesso suono (do diesis – re bemolle). In realtà vi è una minima differenza di suono (comma) talmente piccola da essere impercettibile al nostro orecchio. 

Il semitono fu stabilito in maniera artificiale alla fine del XVII secolo quando la scala musicale, racchiusa in un’ottava, fu suddivisa in dodici semitoni uguali. Questo sistema, definito Temperamento equabile, permise di eliminare le differenze acustiche tra il semitono cromatico e quello diatonico, inglobando i due semitoni in un unico semitono.

In effetti questo accade negli strumenti a suono fisso (come il pianoforte) in cui il do diesis e il re bemolle corrispondono allo stesso tasto e allo stesso suono. Negli archi e negli strumenti a fiato invece i due suoni cambiano a livello acustico: il do diesis risulta più vicino al re, il re bemolle più vicino al do.

M° Eliana Mattia

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